Come Funziona il Mutuo a Rata Costante

Abbiamo di certo sentito parlare dei mutui a rata costante e durata variabile , anche questi mutui sono calcolati in base al tasso variabile, ma con la prerogativa che l’importo della rata rimane invariato

Siccome questi mutui sono regolati dal tasso variabile, quando questo ultimo subisce delle variazioni a cambiare come detto, non è l’importo della rata ma la durata del mutuo. Di conseguenza nel caso in cui il tasso diminuisce, si riduce la durata del mutuo, se invece il tasso cresce aumentano il numero delle rate e quindi anche il periodo di rimborso si allunga.

Questi mutui a rata fissa e durata variabile, si rivolgono a quelle persone che non vogliono farsi sfuggire l’occasione del tasso variabile ma che comunque si proteggono da un indesiderato aumento del tasso con conseguente incremento dell’importo della rata.

Tuttavia vanno fatte delle considerazioni su questo tipo di mutuo, perché a volte non è tutto oro quello che luccica, in questo particolare caso analizziamo ciò che accade quando nei primi anni ci sia un rialzo sostanzioso dei tassi di interesse.

Sappiamo che la rata del mutuo è composta da una quota capitale ed una quota interessi, nel caso di un mutuo a tasso variabile tradizionale, quando vi è un aumento dei tassi di interesse la quota capitale rimane pressoché invariata mentre ad aumentare è la quota interesse portando ad un inevitabile rialzo dell’importo della rata, nei casi dei mutui a tasso variabile a rata fissa, dovendo quest’ultima per forza rimanere invariata per tutto l’arco di vita del mutuo è la quota capitale a diminuire per far spazio alla quota interesse cresciuta per via del rialzo, questo perché nei pagamenti rateali è previsto che alla scadenza della rata i dovuti interessi devono essere necessariamente corrisposti.

Questo tipo di comportamento porterà ad un posticipo della restituzione della quota capitale sottoponendoci ad un più alto rischio nel calcolo medio dei tassi di interesse, sopratutto se il mutuo è a lunghissima scadenza ed nei primi anni si verificano degli aumenti considerevoli dei tassi, ci troveremo a restituire delle quote di interessi di importo molto alte rispetto a quelle di un mutuo tradizionale.

Supponiamo di avere un mutuo trentennale di 150.000 euro a rata fissa, ad un tasso iniziale del 5%, si avrà una rata costante di 805 Euro.

A questo punto se nel primo anno il tasso si alza di un punto percentuale portandosi al 6%, si avrà un aumento del periodo di ammortamento di 67 mesi portandosi da 30 anni a quasi 35 anni e 7 mesi. La spesa complessiva sarà 805 euro x 427 numeri delle rate, di 343735 euro di cui 193735 di interessi.

Nelle medesime condizioni un mutuo tradizionale avrebbe avuto una rata di importo pari a 899 euro con un costo di interessi uguale a 173640 euro, ben 20000 euro di meno!!.

Va ricordato oltremodo che seppur ci sia un adeguamento dei tassi nella parte finale della durata del mutuo, questo non andrà mai a compensare in egual misura l’aumento avvenuto nella fase iniziale, proprio perche nella fase iniziale il debito residuo capitale è alto.

Viceversa si gioirà nell’ipotesi contraria, ovvero quando nella fase iniziale si avrà una diminuzione dei tassi di interesse, portando quasi sicuramente ad una durata di ammortamento minore rispetto ad un mutuo tradizionale, proprio per la riduzione dei costi di interesse.

Come Funziona il Mutuo a Tasso Variabile

Quando si parla di mutui a tasso variabile, ci riferiamo a quei mutui la cui rata cambia per l’effetto dell’andamento economico degli indici a cui questi mutui sono legati. Generalmente l’importo delle rate di un mutuo a tasso variabile sono più contenute rispetto a quelle del mutuo a tasso fisso, ma essendo calcolate in base degli indici di riferimento, possono variare per cui aumentare o diminuire.

Il tasso di interesse dei mutui a tasso variabile è composto dal tasso Euribor, che rappresenta il costo del denaro, e lo spread che sta ad indicare il guadagno della banca o ente finanziatore (v. spread). Lo spread, è un parametro soggettivo legato alla politica economica della banca finanziatrice, pertanto tra le varie proposte di mutuo a tasso variabile, possiamo trovare notevoli differenze.

In altre parole il tasso variabile nei mutui, è dato dalla somma dello spread, che rimane invariato per tutto il periodo del mutuo, e il tasso Euribor che per sua natura è legato al valore dei suoi rilevamenti. La banca, a seconda della scadenze delle rate previste dal piano di ammortamento, aggiorna l’importo delle rate rimanenti, con il variare del valore dell’euribor.

Possiamo trovare tra le varie proposte di mutui a tasso variabile, la presenza ed utilizzo dei cosiddetti tasso d’ingresso e il tasso a regime; il primo rappresenta un tasso applicato per i primi mesi di vita del mutuo per poi dare spazio al tasso a regime, che è il tasso effettivo “ufficiale” del mutuo. Generalmente il tasso di ingresso è un tasso promozionale, pertanto è raccomandato verificare che il tasso pubblicizzato su varie proposte di mutuo, sia quello a regime o quello d’ingresso, per poi continuare nella valutazione corretta dell’opportunità capitateci.

Si consiglia di optare sul tasso variabile quando si preferisce che il prestito segui l’andamento del mercato, o quando si prevede che nel lungo periodo il tasso di riferimento euribor tendi a scendere.

I mutui composti dal tasso variabile vengono preferiti da chi dispone di un reddito medio alto, da coloro che nel caso in cui i tassi di riferimento dovessero alzarsi, hanno la capacità economica di accollarsi delle rate elevate, esistono però soluzioni di mutui a tasso variabile che permettono di avere la rata fissa.

Come Funziona il Consolidamento Debiti

Tra le varie proposte di finanziamenti e prestiti le banche e le finanziarie propongono il consolidamento dei debiti, questo prodotto nasce con lo scopo di raggruppare tutti i prestiti del cliente in un unico finanziamento. E’ possibile raggruppare ad esempio la cessione del quinto, il prestito per l’auto quello per la vacanza ed addirittura il mutuo (v. consolidamento mutuo), con la possibilità grazie appunto al consolidamento dei prestiti, di allungare il periodo di rimborso riuscendo quindi ad ottenere una rata di importo più basso.

Oggi chi richiede un consolidamento prestiti, è una persona che si ritrova a pagare magari due prestiti personali, un finanziamento per l’acquisto dell’auto e addirittura una cessione del quinto; davanti a questa situazione è facile dedurre che rivolgersi ad una finanziaria per accorpare tutti questi debiti risulta un’azione decisamente saggia, tanto più quando le rate iniziano a diventare pesanti. Esistono sul mercato proposte a dei tassi molto convenienti, è consigliabile però tenere sempre d’occhio il costo complessivo dell’operazione finanziaria, comunque risulta spontaneo dedurre che già riducendo i costi dell’incasso rata di ogni finanziamento, l’affare è già fatto.

Tuttavia va sottolineato che non tutte le finanziarie offrono questo tipo di strumento, perchè comunque i rischi di una eventuale insolvenza, da parte del debitore, sono molto elevati, pertanto l’accettazione della domanda di un consolidamento prestiti avviene dopo un accurato controllo sullo stato di “salute” finanziario del richiedente. Ad incidere non poco sulla concessione del consolidamento è la situazione contrattuale lavorativa del soggetto, meglio se si è dipendenti a tempo indeterminato, se non si dispone di tale contratto a seconda del reddito e dell’importo richiesto, le finanziarie possono richiedere la presenza di un garante o la sottoscrizione di una fideiussione.

I documenti richiesti, sono documenti che attestano l’identità del soggetto quali appunto la carta d’identità il codice fiscale, documenti che testimoniano la capacità di rimborso quindi il CUD e le ultime due busta paga, ed un foglio di notizie rilasciato dalle finanziarie che attestano il debito residuo da consolidare.

Clup – Definizione e Significato

Clup è la sigla che denota il . Esso è pari al rapporto fra il valore totale delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, più tutti gli oneri a carico dei datori di lavoro, e la quantità prodotta di beni e servizi. Misura il controvalore monetario del lavoro dipendente incorporato in un’unità di prodotto.

Poiché la remunerazione del lavoro dipendente costituisce di gran lunga la quota più importante del prezzo di un prodotto, l’andamento del Clup è cruciale per l’inflazione.

Se numeratore e denominatore del Clup sono a loro volta divisi per il numero totale dei dipendenti, si ottiene un rapporto che mette a confronto la retribuzione per dipendente con le unità prodotte per dipendente (tale quoziente è la famosa produttività), riunendo così tutte le determinanti del costo del lavoro. Quando il Clup italiano aumenta più dei Clup concorrenti, diminuisce la competitività dei prodotti nazionali a confronto di quelli stranieri, nel senso che questi ultimi diventano relativamente più convenienti.

Risulta essere per questa ragione che i responsabili delle sorti economiche di un Paese sono tanto “sensibili” ai movimenti del Clup. Per recuperare competitività sul piano internazionale, essi non hanno a disposizione che tre soluzioni: svalutare la moneta, in modo tale da gonfiare artificialmente il Clup dei prodotti stranieri; rallentare la dinamica salariale, mediante accordi fra le parti sociali, mantenendola al di sotto di quella prevalente all’estero, in modo tale da far crescere più lentamente il Clup nazionale rispetto a quello straniero; aumentare la produttività, così da ridurre il Clup nazionale.

Come si Scrive l’Autocertificazione

Un’autocertificazione è una dichiarazione che viene presentata ad un ente della pubblica amministrazione, o ad un soggetto privato che ne fa richiesta, in sostituzione dei certificati ufficiali come quello di nascita, matrimonio, residenza, oppure, lo stato di famiglia e qualsiasi altra qualità o fatto personale ci venga espressamente richiesto certificare. Sebbene compilate da noi stessi, le autocertificazioni hanno valore di atto pubblico e validità illimitata, perciò vanno scritte con la dovuta attenzione.

La dichiarazione può essere stilata su carta semplice, se non ci viene fornito un prestampato dall’ente richiedente, ponendo al centro l’intestazione, in stampatello, “Dichiarazione sostitutiva di certificazione” seguita dal riferimento alla legge con cui è stata introdotta Art. 46 D.P.R. 445 del 28 dicembre 2000, che ne attesta la validità.

Successivamente si riportano le generalità con la formula standard “Io sottoscritto”, per poi passare all’elenco delle informazioni che ci viene richiesto certificare, facendole precedere dalla dicitura “Dichiaro sotto la mia responsabilità”.
Come esempio è possibile vedere questo modello.

L’autocertificazione si chiude indicando data e luogo dell’avvenuta dichiarazione, seguite dalla firma del dichiarante
Non è necessario che questa sia certificata, basta che venga apposta davanti ad un funzionario d’ufficio. Nel caso in cui ciò non possa avvenire, si può semplicemente allegare al documento stilato una fotocopia della propria carta d’identità.

Gli enti richiedenti dovranno poi verificare la veridicità delle informazioni riportate. Bisogna fare molta attenzione a quanto si scrive, perché in caso di false dichiarazioni si va in contro a sanzioni penali che possono prevedere il pagamento di un’ammenda o perfino un periodo di detenzione, oltre alla perdita dei benefici che sarebbero derivati dall’acquisizione della dichiarazione.