Come Investire in Zucchero

Certo, è un bell’impiccio. Passi tutta la vita, a dieta penitenziale, solo per mantenere delle misure graziose. Calcoli matematicamente, il numero di calorie introdotte e la corretta ripartizione tra i macronutrienti. Programmi accuratamente le ore da riservare all’attività fisica giornaliera. E quando ti viene una voglia fatale di gelato al cioccolato, farcito con la zuppa inglese, decorato con la mimosa alla panna e rinforzato con una cassata siciliana, ti raccomandi, a stretto giro di preghiera, al santo protettore dei pasticceri, affinché non ti faccia incontrare uno spaccio di dolciumi, nel raggio di venti chilometri. Ti fai una forza erculea per resistere, anche se il tuo animo pare quasi affranto… Fino a quando non ti metti a studiare i mercati finanziari e scopri che esiste una commodity che puoi tranquillamente tradare, senza che la tua bilancia minacci di toglierti il saluto, alla tua prossima misurazione.

Antiche radici

Si narra che la prima estrazione ebbe luogo in Polinesia, nel XIII secolo. Dopo fugacissimi tentativi di lavorazione sistematica, fu necessario aspettare la scoperta dell’America per impiantare stabilmente le coltivazioni di canna da zucchero, in Messico, a Cuba, in Brasile e nelle isole Antille. L’importazione della commodity, in tutta Europa, divenne allora un mercato fiorente e accessibile, grazie al quale nacque l’arte pasticcera. La testardaggine napoleonica pose fine ai traffici commerciali, operati dall’Inghilterra, a favore del Vecchio Continente. Fu allora che, si rese necessario ricorrere ad un altro metodo per la produzione, allo scopo di quietare gli stomaci famelici europei. Nel 1802, in Slesia, venne inaugurato il primo zuccherificio industriale, grazie alla sperimentazione di Franz Karl Achard, che riuscì ad ottenere lo zucchero, a partire dalla comune ed economica barbabietola. Da allora, i commerci europei sono stati ampiamente (se non esageratamente) inondati di tonnellate di materia prima, sulla falsariga di quelli internazionali.

Gaudeamus igitur

Attualmente, i principali produttori sono: 1) per lo zucchero di canna: il Brasile, il Messico, l’Australia e la Tailandia; 2) per lo zucchero di barbabietola: l’Europa, gli Stati Uniti, la Russia e l’Ucraina. Ma è calcolando le esportazioni, che il quadro diventa interessante. Il Brasile vende, ogni anno, ben 17 milioni di tonnellate di prodotto raffinato; l’Europa, 7,2 milioni e gli Stati Uniti 159 000. E’ proprio su questi numeri grandiosi che si delinea il supporto per i mercati. Le piazze finanziarie più importanti, sulle quali si scambiano i futures sulla nostra soft commodity, sono la New York Board of Trade, la Tokyo Grain Exchange e la London International Financial Futures. La luculliana dolcezza di questo trading attira hedgers, specializzati nel commercio fisico internazionale e speculatori sistematici, che sfruttano squilibri e disallineamenti fecondi.

L’acquolina in bocca

Ciò che rende particolarmente appetibile l’intero contesto commerciale è che lo zucchero gode di una sua stagionalità particolarmente pronunciata, legata alle condizioni ambientali ed alle temperature. I prezzi negoziati si arricchiscono di forza rialzista, nel momento della rischiosa semina primaverile; mentre, scendono vorticosamente durante la stagione autunnale, in occasione dei raccolti e degli approvvigionamenti mondiali. E questo accade, sia che si tratti di piantagioni di canna, che di coltivazioni di barbabietola. Ci troviamo dinnanzi ad una volatilità annuale accentuata, ma programmabile, ad substantiam, nel medio periodo.

Dulcis in fundo

tiramisùCari lettori golosi, in queste ore, il future n. 11 sullo zucchero bianco, con scadenza luglio 2013, è prezzato 16,38 $ la libbra, alla New York Board of Trade. La finestra stagionale rialzista si chiuderà agli inizi di agosto, e dunque vi rimane ancora tempo prezioso per assumere una posizione con questa semplice prospettiva; successivamente a tale periodo, i prezzi dovrebbero invertire il loro trend annuale, seguendo la perfetta sincronia degli ultimi 15-20 anni. Perdonatemi, ma ora, mi debbo congedare in tutta fretta. Sto preparando un tiramisù imperiale e devo stare attenta a montare bene le uova con lo zucchero bianco ed il mascarpone. Del resto, con tutta l’energia mentale profusa, stasera, ho bisogno di una lauta dose di carboidrati.

 

Indice Z-Score – Definizione e Significato

Supponiamo di avere un metodo di trading che ci dia una grande fiducia, che produce dei risultati soddisfacenti per lungo tempo e che siamo riusciti ad affinare attraverso un lungo periodo di studio e di sperimentazione. Siamo consapevoli dei rischi di applicare una leva elevata nel nostro trading. Siamo dunque molto soddisfatti dei risultati ma siamo ancora incerti su quanto dovremmo rischiare. Cosa possiamo fare per risolvere questo problema?

Uno dei problemi principali di qualsiasi metodo di trading è la lunghezza e la frequenza delle serie di vittorie e di sconfitte. Una serie vincere è un periodo durante il quale abbiamo degli incrementi consecutivi del nostro conto, mentre una serie di perdite è l’esatto contrario.

Ovviamente, se una tecnica di trading genera delle vittorie e delle sconfitte in serie, i risultati che otteniamo non sono indipendenti l’uno dall’altro. Un commercio redditizio ci suggerisce la probabilità che si avranno più utili. Al contrario, se una perdita ci avverte che sarà seguita da altre perdite, allora dovremmo scartare il nostro approccio al mercato e cercare altre metodologie ed occasioni.

Questa conoscenza può permetterci di aumentare le dimensioni della nostra posizione con ragionevole certezza o di chiuderla in caso di perdita.

L’indice Z-score a questo punto entra in gioco. Questo indicatore è infatti uno strumento matematico che viene solitamente utilizzato per calcolare la capacità di un sistema di negoziazione di generare una serie di vittorie e di sconfitte.

La formula di calcolo è molto semplice, il che ci permette di testare le nostre strategie e verificare se ci sono delle serie generate da un pattern casuale o meno. Se il pattern è casuale i nostri risultati sono indipendenti l’uno dall’altro e non c’è alcun senso cercare una serie o costruire le nostre posizioni successive partendo da quelle precedenti. D’altra parte, se la nostra strategia è incline a generare delle serie in modo non casuale, possiamo usare questa conoscenza per massimizzare i nostri profitti.

Ordini di Borsa – Quali Sono

Il singolo investitore non può acquistare o vendere strumenti finanziari direttamente in Borsa, ma per le sue transazioni deve affidarsi ad un intermediario autorizzato (banca o SIM) al quale dovrà espressamente indicare di volta in volta, l’esatto strumento finanziario su quale deve essere eseguito l’ordine, la quantità ed eventualmente il prezzo.

Nel momento in cui si vuole effettuare una compravendita, la prima decisione da prendere riguarda la scelta tra le diverse alternative di un ordine:

Ordine al meglio (market): sono disponibile ad acquistare o a vendere una determinata quantità di titoli al prezzo in quel momento in vigore sul mercato. Questo può essere considerato un ordine rischioso in quanto non si è mai sicuri del prezzo al quale viene conclusa la transazione.

Ordine con limite di prezzo (limit): sono disponibile ad acquistare un titolo ad un prezzo non superiore ad un determinato valore o a vendere ad un prezzo non inferiore ad un determinato valore.

Ordine curando: ossia per le mie transazioni mi affido all’esperienza dell’intermediario, sarà lui a scegliere per me le migliori proposte che si presenteranno nella giornata.

All or none (tutto o nulla): sono disponibile a vendere e ad acquistare solo esclusivamente ad un certo prezzo e per una determinata quantità, se così non avviene l’operazione viene annullata.

Stop: l’odine di vendere o comprare parte solo dal momento in cui il prezzo del titolo raggiunge una soglia prestabilita; da quel momento in poi l’ordine si trasforma in un ordine al meglio.

Day (giornaliero): sono disponibile ad acquistare e a vendere ad un certo prezzo ma se tale prezzo non è raggiunto alla fine della giornata borsistica l’ordine viene cancellato.

Open (good till cancelled, valido finché non cancellato): sono disponibile a vendere o ad acquistare senza nessun nessun limite temporale fino a quando l’ordine non è eseguito o cancellato, viene cancellato automaticamente se non eseguito alla fine del mese.

OPV e OPA – Cosa Sono

Le Offerte Pubbliche di Vendita (OPV) o Initial Pubblic Offering (IPO), secondo la terminologia inglese, sono quelle operazioni finanziarie con cui delle società collocano quote più o meno grandi del capitale sociale (azioni), accedendo in questo modo alla quotazione in Borsa.

Tali offerte prevedono la pubblicazione di un prospetto informativo, approvato dalla CONSOB, che riporta le principali informazioni sul titolo e sull’offerta; generalmente le OPV riguardano la collocazione sul mercato delle azioni già esistenti e che erano nelle mani di precedenti azionisti. Esse in Italia negli ultimi anni sono aumentate notevolmente, grazie anche alla spinta verso la privatizzazione di numerose aziende da parte dello Stato ed all’ingresso di numerose piccole e medie aziende in Borsa, soprattutto nel Nuovo Mercato.

Le Offerte Pubbliche di Sottoscrizione (OPS) sono, invece, delle operazioni finanziarie attraverso cui vengono collocati sul mercato titoli di nuova emissione e la società in oggetto procede ad un aumento di capitale destinato alla quotazione: l’azienda emette nuove azioni e l’introito finisce nelle casse dell’azienda che può in questo modo finanziare i suoi progetti di espansione ed investimento.

L’Offerta Pubblica di Acquisto (OPA) è un’operazione finanziaria in cui un soggetto chiede al mercato di acquistare tutti i titoli di una determinata società ad un prezzo predefinito e, salvo successive operazioni di nuova offerta al mercato, il titolo viene ritirato dalla vendita se l’adesione all’offerta è totalitaria. L’OPA quindi serve a mettere sullo stesso piano tutti gli azionisti che possono così decidere di cedere le loro azioni tutti alle stesse condizioni, evitando che nel caso del passaggio del controllo di una società da un’azionista ad un altro, gli unici a beneficiare fossero solo gli azionisti di controllo e non anche i piccoli azionisti.

Indici di Borsa – Cosa Sono

Gli indici di Borsa svolgono un ruolo fondamentale nel panorama delle contrattazioni, in quanto permettono di avere una visione chiara dell’andamento di un determinato mercato: basta confrontare il valore assunto dal rispettivo indice di Borsa in due date differenti, oppure in tutte le giornate all’interno di un determinato periodo. Gli indici sono espressi in funzione di una base che può assumere valori diversi a seconda del tipo di indice: in centesimi oppure in millesimi. Gli indici di Borsa, calcolati perlopiù sulla base dei prezzi ufficiali, sono ottenuti come medie dei prezzi dei titoli presenti in un dato mercato o su un particolare segmento di mercato e sono uno strumento immediato per valutare in quale direzione si sta muovendo il mercato azionario e con quale intensità. I due principali indici del mercato azionario italiano sono il Mib e il Comit, che riassumo in un unico valore le quotazioni a prezzi ufficiali di tutti i titoli trattati sul mercato. Tuttavia l’unica vera e propria differenza fra i due è la base: per il Comit la base è rappresentata dalla quotazione media di mercato nel 1972 ed essa è posta uguale a 100, per il Mib la base è fissata pari a 1000, sia nella versione storica dell’indice (base 2 gennaio 1975) sia in quella corrente (capitalizzazione di mercato alla fine dell’anno precedente.

Il Comit tiene conto di tutti i titoli quotati alla Borsa di Milano ed è calcolato come media dei prezzi ufficiali di Borsa dei singoli titoli ponderati per le rispettive capitalizzazioni (i titoli più importanti nel listino, come ad esempio Telecom, Eni, Enel..ecc. hanno un peso maggiore nel determinare l’andamento dell’indice); esso viene calcolato solo una volta al giorno dopo la chiusura della sessione ufficiale del mercato.

Il Mib, calcolato in base alla capitalizzazione di mercato alla fine dell’anno precedente, è un ottimo indicatore in quanto consente di sapere immediatamente quale sia stata la performance di Borsa da inizio anno. Se, ad esempio, il Mib corrente assume valore pari a 1.100 punti, significa che la Borsa da inizio anno è cresciuta del 10%.

Infatti (1.100 – 1.000) = 100

(100 / 1.000) = 0,1

(0,1 * 100) = 10%

 

Oltre agli indici generali, la cui funzione è quella di rappresentare in maniera sintetica l’andamento di tutto il mercato azionario, ci sono anche degli indici parziali che evidenziano la quotazione soltanto di un gruppo di titoli, classificati in base ad uno specifico criterio. Il vantaggio più evidente del calcolo di questi indici parziali è quello di dare un’indicazione dell’andamento dei titoli più richiesti dal mercato; generalmente hanno una buona rappresentatività dell’andamento generale in quanto i titoli che li compongono costituiscono di norma una quota molto elevata della capitalizzazione del mercato (dal 70% in su).

Mib30 ed il Midex : il primo considera i 30 titoli più importanti della Borsa Italiana, il secondo prende invece in considerazione i 25 titoli a media capitalizzazione (quelli subito successivi come importanza ai 30 titoli che fanno parte del Mib30). La Borsa Italiana rivede periodicamente la composizionej del Mib30 e del Midex in base ad alcuni indicatori statistici (criteri della liquidità e della capitalizzazione). La revisione viene effettuata semestralmente (marzo e settembre) anche se sono previste delle revisioni straordinarie in caso di fusioni tra società sui titoli che fanno parte di questi indici.