L’art. 2397, il cui primo comma è rimasto invariato, a differenza della precedente formulazione richiede al secondo comma che solo un membro effettivo ed uno supplente siano iscritti nel registro dei revisori contabili, mentre invece in precedenza tale obbligo gravava su tutti i componenti. Essa residua comunque ove per disposizione statutaria – nelle società non quotate o senza azioni diffuse, e non tenute alla redazione del bilancio consolidato – si voglia lasciare al collegio sindacale anche il controllo contabile (art. 2409 bis, terzo comma). In virtù della rappresentazione parallela che accompagna i diversi sistemi di amministrazione e controllo, il presupposto previsto dal secondo comma dell’art. 2397, è comunque analogo a quanto richiesto nei confronti dei consiglieri di sorveglianza (art. 2409 duodecies, quarto comma), e nei riguardi dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione (art. 2409 octiedecies, terzo comma).
Sempre al medesimo secondo comma, si specifica peraltro che i membri non iscritti nel registro di cui sopra, debbano possedere l’ulteriore requisito almeno o dell’iscrizione negli albi professionali, individuati con decreto del Ministro della giustizia, o dell’essere professori universitari di ruolo in materie economiche o giuridiche (art. 2397, secondo comma, ultimo inciso). Tale disposizione vale solo per i sindaci e non è espressamente richiamata per i componenti del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione.
Tenendo presente quanto disposto dall’art. 2325 bis, secondo comma, sulla prevalenza delle disposizioni delle leggi speciali in materia di società quotate in borsa, va ricordato che nei loro confronti il d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, prevede agli artt. 148 e ss. una disciplina specifica del collegio sindacale, solo parzialmente coincidente con quella del codice civile, anche se le differenze sono ora state attenuate a seguito della riforma intervenuta. Secondo il primo comma dell’art. 148, l’atto costitutivo deve infatti stabilire:
a) il numero, non inferiore a tre dei membri effettivi;
b) il numero, non inferiore a due, dei membri supplenti;
c) criteri e modalità per la nomina del presidente;
d) limiti al cumulo degli incarichi (norma che nel decreto di riforma è prevista solo come facoltà, all’art. 2399, terzo comma).
Il secondo comma dell’art. 148, dispone che l’atto costitutivo deve contenere le clausole necessarie ad assicurare che un membro effettivo sia eletto dalla minoranza; ove il collegio sia formato da più di tre membri, il numero dei membri effettivi eletti dalla minoranza non potrà essere inferiore a due.
Stante la disciplina speciale prevista dal t.u.f., anche in tema di controllo contabile, il suo art. 154 prevede come non applicabili gli articoli 2397, 2398, 2399, 2403, 2403 bis, 2405, primo comma, 2426, numeri 5 e 6, 2429, secondo comma, 2433 bis, quinto comma, 2440 e 2441, sesto comma, del codice civile. Peraltro ci si potrebbe chiedere in che misura tale rinvio possa risultare come effettivamente recettizio, visto le modifiche che molte delle norme richiamate hanno subito proprio per un loro miglior adeguamento alla disciplina delle società quotate.
Infine va osservato come i nuovi articoli omettano qualsiasi riferimento alla strutturazione del controllo interno, mentre ad esso il testo unico 58 del 1998 dedicava un accenno (art. 149, primo comma, lett. c) e, per gli intermediari, art. 6, secondo comma, lett. a); una specifica indicazione è invece contenuta per il sistema monistico all’art. 2409 octiesdecies, quinto comma, lett. b), fra i doveri imposti ai componenti del comitato di controllo sulla gestione.
La presidenza del collegio sindacale.
La norma rimane identica a quella previgente.
Per le società quotate, l’art. 148, primo comma, lett. c), del t.u.f. 58 del 1998, dispone che sia l’atto costitutivo a stabilire criteri e modalità per la nomina del presidente; quest’ultimo, in tali società, ad esempio, potrebbe quindi essere nominato non dall’assemblea, ma dagli stessi suoi componenti al proprio interno.
Le cause d’ineleggibilità e di decadenza dei sindaci.
L’art. 2399, come rinnovato a seguito della riforma ed in accordo con una tendenza volta a favorire un’adeguata corporate governance nelle società, dispone al quarto comma la possibilità che lo statuto preveda ulteriori cause di ineleggibilità, decadenza, incompatibilità rispetto a quelle legali; nonché la possibilità di disporre limiti e criteri al cumulo degli incarichi: formulazione quest’ultima in qualche misura ambigua, dal momento che i sindaci non possono essere collaboratori retribuiti della società o di sue controllate. Essa sottintende la possibilità di prevedere tali limiti in relazione ad altre società, ed anche non concorrenti, ovvero un tetto numerico al numero di società presso le quali svolgere tali incombenze. Per le società quotate infine l’atto costitutivo deve prevedere obbligatoriamente limiti al cumulo degli incarichi (art. 148, primo comma, lett. d), t.u.f. 58 del 1998). Si confrontino anche gli artt. 2387, per gli amministratori, 2409 quinquies, secondo comma, per il revisore contabile e 2409 duodecies, sesto comma, per i consiglieri di sorveglianza nell’ambito del sistema dualistico.
Rispetto al precedente art. 2399, l’ambito si allarga fino a ricomprendere anche i rapporti con le società controllate e controllanti. Si specificano ed integrano ulteriormente le cause di ineleggibilità e decadenza legali: si rientra in tali fattispecie anche se legati alla società da un rapporto di lavoro o continuativo di consulenza o di prestazione retribuita; ovvero, in via residuale, ove si abbia un rapporto di natura patrimoniale tale da comprometterne l’indipendenza (art. 2399, primo comma, lett. c). Il termine “patrimoniale” evoca ancora qualche incertezza, anche se appare migliore di quelli proposti nelle precedenti versioni del decreto (“altri rapporti di natura finanziaria e personale”); ha infatti il pregio, o comunque l’intento, di colpire con la decadenza il sindaco o il revisore che in sostanza sia già retribuito dalla società che controlla per lo svolgimento di un’attività più o meno dissimulata, per il tramite o meno di società di comodo, di consulenza o altro.
Ad una lettura coordinata dell’art. 2399, secondo comma, con il nuovo art. 2397, secondo comma, ci si chiede inoltre se operi la previsione della decadenza per sospensione o cancellazione dall’albo, ove permangano altri sindaci iscritti all’albo e il componente in questione abbia comunque i requisiti previsti dall’ultimo comma dell’art. 2397 (sia, ad esempio, un professore di storia del diritto canonico).
Per le società quotate si applica l’art. 148, comma terzo, del t.u.f. 58 del 1998, norma che è stata in gran parte recepita dal nuovo art. 2399. Si differenzia da quest’ultima disposizione il quarto comma dell’art. 148, che, rinvia la fissazione dei requisiti di onorabilità e professionalità dei membri del collegio ad un decreto del Ministero di Giustizia, che ha provveduto con d.m. il 20 marzo 2000, n. 162; e dichiara applicabile l’art. 13, comma 2, sempre del t.u.f., in materia di intermediari, il quale rimette ad un decreto del Ministero del Tesoro (ora dell’Economia), emanato l’11 novembre 1998, n. 468, di stabilire i relativi presupposti.
la nomina e la cessazione dei sindaci; la prorogatio.
Le modifiche alla norma previgente sono poche. La più interessante riguarda l’esplicitazione anche per i sindaci della regola della prorogatio, sebbene già dottrina e giurisprudenza la ritenessero operante nei loro confronti: pertanto la cessazione dei sindaci per la fine del mandato acquista efficacia ove si sia ricostituito il collegio (art. 2400, primo comma, ultimo inciso). Ci si chiede peraltro, dal momento che essa si riferisce testualmente alla “scadenza del termine”, se tale regola possa operare anche in relazione ad altre ipotesi, quali, ad esempio, la rinuncia all’incarico: sul punto sarebbe opportuna un’adeguata indicazione dello statuto.
L’incarico dura tre esercizi, fino all’assemblea per il bilancio del terzo (analogamente a quanto disposto per i soggetti incaricati del controllo contabile, all’art. 2409 quater, secondo comma; e per i consiglieri di sorveglianza, all’art. 2409 duodecies, terzo comma; ma in maniera parzialmente dissimile a quanto stabilito per gli amministratori, all’art. 2383, secondo comma; e per i consiglieri di gestione, all’art. 2409 novies, quarto comma): si agevola dunque l’indipendenza di tali soggetti, mantenendone una stabilità per un minimo di tempo.
Rimane l’intervento giudiziale, di approvazione della delibera di revoca da parte del tribunale, secondo il rito del procedimento in camera di consiglio in confronto di più parti (artt. 33 e 25 ss. del d.lgs. 5 del 2003).
Il termine per l’iscrizione della nomina e della cessazione presso il registro delle imprese è di 30 giorni (art. 2400, terzo comma), analogamente a quanto disposto per gli amministratori (art. 2383, quarto comma). Non è espressamente prevista, ma neanche vietata, la possibilità di una loro rielezione; analogamente al soggetto revisore (art. 2409 quater) e a differenza che per gli amministratori (art. 2383, terzo comma), per i consiglieri di gestione (art. 2409 novies, quinto comma) e per i consiglieri di sorveglianza (art. 2409 duodecies, quinto comma).
Nelle società quotate, come già riportato all’analisi dell’art. 2397, l’art. 148, secondo comma, del t.u.f. 58 del 1998, dispone che l’atto costitutivo deve contenere le clausole necessarie ad assicurare che un membro effettivo sia eletto dalla minoranza; ove il collegio sia formato da più di tre membri, il numero dei membri effettivi eletti dalla minoranza non potrà essere inferiore a due.
I doveri dei sindaci.
Il contenuto dell’art. 2403 vecchio testo è stato sdoppiato in quello attuale e nel nuove art. 2403 bis. L’art. 2403, nella sua innovata e più ristretta versione enuncia i principi ai quali deve informarsi l’attività del collegio sindacale, essenzialmente di controllo di legittimità e di vigilanza sull’amministrazione: esso pertanto vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento. In linea di principio viene però meno l’attività di controllo contabile e correlata, affidata dalla riforma al revisore contabile di cui agli artt. 2409 bis e ss., anche se permane quella sull’adeguatezza dell’assetto contabile. Nelle società non quotate, senza azioni diffuse, né soggette al bilancio consolidato, lo statuto può affidare tali funzioni al collegio sindacale, costituito da revisori iscritti nell’albo apposito (artt. 2403, secondo comma e 2409 bis, terzo comma). In ogni caso dal disposto della norma in commento può ribadirsi come il controllo operato dai sindaci sia essenzialmente di legittimità, sulla legalità, sulla conformità a legge o statuto, dell’operato degli amministratori, e mai di merito, sull’opportunità delle operazioni dagli stessi gestori deliberate o compiute: sebbene poi i sindaci siano chiamati ad operare un controllo sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza della struttura.
Per le società quotate, in maniera analoga all’art. 2403, primo comma, l’art. 149, primo comma, del t.u.f. 58 del 1998, dispone che il collegio sindacale vigila:
a) sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo;
b) sul rispetto dei principi di corretta amministrazione;
c) sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile nonché sull’affidabilità di quest’ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione;
d) sull’adeguatezza delle disposizioni impartite dalla società alle società controllate ai sensi dell’articolo 114, comma 2.
Al terzo comma si prevede inoltre che il collegio sindacale comunichi senza indugio alla Consob le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza, trasmettendo i relativi verbali delle riunioni e degli accertamenti svolti e ogni altra utile documentazione.
Infine all’art. 153, primo comma, del t.u.f. si dispone l’obbligo per il collegio sindacale di riferire all’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio d’esercizio sull’attività di vigilanza svolta e sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati. Mentre al secondo comma di stabilisce che il collegio sindacale possa fare proposte all’assemblea in ordine al bilancio e alla sua approvazione nonché alle materie di propria competenza.
I poteri dei sindaci.
L’art. 2403 bis riprende, integrandola, la parte finale dell’art. 2403, vecchio testo, specificando quali poteri e quali limiti incontrino i sindaci nello svolgimento della loro attività di controllo e vigilanza, mediante richieste di notizie e informazioni, ispezioni e accertamenti, in particolare con riferimento ai rapporti con l’organo amministrativo. Si specifica che tali poteri possano esercitarsi anche in riferimento a società controllate, in tal modo favorendo la circolazione dell’informazione infragruppo. Si confronti anche il disposto dell’art. 2409 septies, in tema di soggetti incaricati del controllo contabile; sullo scambio di informazioni tra questi ultimi e i sindaci, si veda l’art. 2409 septies; nonché per le informazioni tra amministratori, l’art. 2381, terzo e sesto comma.
Il quarto e quinto comma riprendono, in maniera pressoché invariata il contenuto dell’art. 2403 bis, vecchio testo: nel riferirsi a dipendenti ed ausiliari, si aggiunge l’inciso “propri”.
Per le società quotate, l’art. 150, del t.u.f. 58 del 1998, dispone al primo comma che gli amministratori informano tempestivamente il collegio sindacale sull’attività svolta e sulle operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale, effettuate dalla società o dalle società controllate, secondo le modalità stabilite dall’atto costitutivo e con periodicità almeno trimestrale; in particolare, essi devono riferire delle operazioni in potenziale conflitto di interesse.
Esso prevede inoltre, al secondo comma, che il collegio sindacale e la società di revisione si scambino i dati e le informazioni rilevanti per l’espletamento dei rispettivi compiti: sul punto si veda anche l’art. 155, secondo comma, sempre del t.u.f. Mentre al terzo comma pone a carico di coloro che sono preposti al controllo interno di riferire anche al collegio sindacale di propria iniziativa o su richiesta anche di uno solo dei sindaci.
L’art. 151, del t.u.f. 58 del 1998, al primo comma, dispone quindi che i sindaci possano, anche individualmente, chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari nonché procedere in qualsiasi momento ad atti d’ispezione e di controllo.
Mentre al secondo comma prevede che il collegio sindacale possa, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, convocare l’assemblea dei soci, il consiglio di amministrazione o il comitato esecutivo e avvalersi di dipendenti della società per l’espletamento delle proprie funzioni; e che i poteri di convocazione e di richiesta di collaborazione possano essere esercitati anche da almeno due membri del collegio.
Al terzo comma si prevede quindi che, al fine di valutare l’adeguatezza e l’affidabilità del sistema amministrativo-contabile, i sindaci, sotto la propria responsabilità e a proprie spese, possano avvalersi, anche individualmente, di propri dipendenti e ausiliari che non si trovino in una delle condizioni previste dall’articolo 148, comma 3; che la società possa peraltro rifiutare agli ausiliari l’accesso a informazioni riservate.
Infine al quarto comma è stabilito che gli accertamenti eseguiti debbano risultare dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale da tenersi, a cura del collegio, nella sede della società, applicandosi le disposizioni dell’articolo 2421, ultimo comma, del codice civile.
Le riunioni e le deliberazioni del collegio sindacale.
La norma ha subito alcune integrazioni, ma un’importante innovazione consiste nel consentire all’autonomia privata di prevedere nello statuto la riunione anche con mezzi telematici, ossia tramite computer e connessione alla rete informatica. Il che però appare singolare, in quanto sono meccanismi tecnicamente differenti dai mezzi di telecomunicazione, e quindi per tele o video conferenza, consentiti al consiglio di amministrazione per lo svolgimento dei propri incontri (art. 2388, primo comma). Probabilmente si concede ai sindaci la facoltà di utilizzare strumenti più semplici e meno coinvolgenti proprio per la diversa, e forse minore, incidenza che assume lo svolgimento dei loro compiti. Essi, tendenzialmente, nelle loro riunioni non devono, come gli amministratori, presentare progetti, discutere e assumere decisioni, quanto più propriamente procedere a dei controlli ed al raffronto dei dati rilevati e degli esami compiuti: anche se, si crede, non appaia in verità così superflua l’effettuazione di incontri, in qualche modo, dal vivo.
Quindi si specifica, opportunamente, che il collegio sindacale è regolarmente costituito ove siano presenti la maggioranza dei suoi membri (effettivi) e che la maggioranza assoluta necessaria per l’adozione delle deliberazioni debba essere computata sui sindaci presenti, e non più dei suoi componenti (art. 2404, quarto comma). Si sostituisce infine alla cadenza trimestrale delle riunioni, quella analoga di “90 giorni” (art. 2404, primo comma). Nel caso si adottino mezzi telematici, lo statuto dovrà anche opportunamente regolare i criteri e le modalità di svolgimento della riunione e di accertamento dei relativi presupposti.
Per le società quotate, l’art. 149, secondo comma, del t.u.f. 58 del 1998, in maniera affine all’art. 2405, primo comma, dispone che i membri del collegio sindacale assistono alle assemblee e alle riunioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo. Il secondo inciso di questa norma, che dispone che l’articolo 2405, secondo comma, del codice civile, si applichi anche in caso di assenza da due riunioni del comitato esecutivo, appare ormai sovrapponibile alla nuova previsione dell’art. 2405, secondo comma.