L’art. 2380 costituisce una disposizione del tutto nuova, che prevede come regime ordinario, da attuarsi in mancanza di diversa disposizione dello statuto, un sistema che ricalca in buona sostanza il modello classico già presente nelle norme previgenti, fondato sulla abituale dicotomia consiglio di amministrazione – collegio sindacale.
E’ necessaria e consentita un’apposita opzione dello statuto nel caso si voglia invece adottare il sistema dualistico, ovvero quello monistico (art. 2380, secondo comma). Se è invece l’assemblea (straordinaria) ad eleggere il tipo di amministrazione, la deliberazione acquista efficacia non dal momento della sua iscrizione presso il registro delle imprese (art. 2436), ma dalla data dell’assemblea che approva il bilancio dell’esercizio successivo; è possibile peraltro che la decisione preveda un diversa tempo di riferimento.
Sotto il profilo della disciplina, l’art. 2380, terzo comma, dispone che le norme dettate per gli amministratori si applichino, a seconda dell’opzione adottata, al consiglio di amministrazione o al consiglio di gestione, in quanto compatibili; il tutto salvo diversa disposizione. Detto rinvio soffre peraltro di un’istanza di puntuale corrispondenza con l’art. 2409 undecies: sul punto si veda anche l’art. 223 septies, delle disposizioni transitorie e di attuazione, che ha tentato di risolvere alcuni problemi di coordinamento tra leggi.
Gli istituti dell’amministrazione e del controllo sulle società per azioni sono ora stati formalmente accomunati dal legislatore, al fine di meglio delinearne, pur nell’ambito di una configurazione unitaria, le distinte mansioni e i differenti ambiti di operatività. Lo scopo che si è cercato di attuare è stato quello di incrementarne una migliore e più effettiva funzionalità, evitando al contempo inutili, se non addirittura dannose, sovrapposizioni di poteri. A tal fine, prendendo spunto e in coordinamento con la disciplina contenuta nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di mercati finanziari e società quotate, la riforma ha proceduto ad aumentare i gradi di indipendenza tra i soggetti che gestiscono la società da un lato, ed i soggetti tenuti al controllo, della gestione, di legittimità e dei conti, dall’altro; oltre a prevedere due ulteriori sistemi di amministrazione e controllo, il dualistico ed il monistico, che si pongono come facoltà alternative a quello tradizionale.
Il tentativo non è sempre riuscito, ma è certo che le innovazioni rispetto all’immediato passato sono notevoli e importanti. Esse peraltro non comportano delle vere e proprie fratture con il precedente sistema: le novità non mirano infatti a stravolgere quest’ultimo, quanto più precisamente a integrarlo e a più compiutamente definirlo.
La ricchezza e la complessità di quanto oggi offerto è così consistente da rendere assolutamente non agevole un’immediata lettura e comprensione del sistema, anzi dei sistemi, contenuti nei nuovi articolati: difficoltà che oltretutto si presenta dilatata per il numero e la laboriosità delle norme che in tali ambiti si intrecciano le une con le altre. Ragion per cui occorre, nei riguardi di tale delicato settore, premettere delle considerazioni di carattere generale e complessivo, in modo da poter fornire un quadro sintetico ed immediato di tali istituti.
A tale proposito va subito ricordato che le disposizioni della novella trovano la propria ragion d’essere in un atteggiamento del legislatore diretto ad ampliare quanto più possibile la capacità dispositiva degli statuti, e pertanto dell’autonomia negoziale, al fine di costruire un assetto strutturale della società dotato di un maggiore grado di flessibilità e volto a renderla al massimo grado competitiva sul mercato, in tal modo favorendo una migliore omogeneità con le strutture proprie degli altri ordinamenti. Il decreto di riforma, accogliendo modelli e schemi ricollegabili alle moderne – ma in realtà propugnate da sempre – tendenze, interne ed internazionali, sviluppatesi in tema di corporate governance, propone e consente la costituzione e l’utilizzo di tre diversi modelli di gestione e controllo: l’ordinario, il dualistico e il monistico.
Il codice civile continua pertanto a regolare principalmente lo schema classico, costituito da quel meccanismo idealmente dialettico imperniato sulle due figure del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale; detto modello quindi, pur se con qualche modifica ed integrazione, a volte anche vistosa, permane nella riforma come sistema “ordinario”, tradizionale, latino: esso costituisce il regime normalmente applicabile in mancanza di diverse disposizioni dell’atto costitutivo (art. 2380), e dunque anche in caso di suo silenzio sul punto.
Gli statuti delle società per azioni possono peraltro adottare (art. 4, comma ottavo, lett. d), e) ed f) della “legge Mirone” 366 del 2001), mediante espressa previsione ed in alternativa allo schema ordinario, un sistema denominato “dualistico, caratterizzato dalla compresenza di un consiglio di gestione ed un consiglio di sorveglianza (artt. 2380, secondo comma e 2409 octies e ss.); ovvero un sistema “monistico”, costituito da un consiglio di amministrazione che elegge al proprio interno un comitato per il controllo sulla gestione (art. 2380, secondo comma e 2409 sexiesdecies e ss.).
In realtà l’estremo intreccio di rinvii, spesso intensi, quasi integrali, che accompagnano questi due ultimi modelli, oltre a porre a volte delicati problemi di coordinamento, suscita invero la sensazione che, più che a degli autonomi sistemi di amministrazione e controllo, ci si trovi in presenza di varianti di quello tradizionale, ordinario. La tecnica legislativa utilizzata finisce pertanto per mortificare in parte, negando loro una maggiore indipendenza e autosufficienza, gli spiragli aperti dal legislatore della delega all’autonomia dei privati. Ciò avviene in particolare nei riguardi del sistema più agile e flessibile, quindi in via astratta considerabile come riscontrante un maggior favore, ossia quello monistico.
Il “sistema dualistico”.
Il sistema dualistico – di matrice germanica, ma già presente in altri ordinamenti, quale, ad esempio, quello francese – si caratterizza essenzialmente in virtù del fatto che sia l’amministrazione che il controllo, in virtù di un’apposita scelta dello statuto, vengono affidati a due distinti organi: il consiglio di gestione e il consiglio di sorveglianza. Si realizza in tal modo una struttura nella quale si assiste alla maggiore separazione tra assetti proprietari e governo dell’impresa. Il tentativo è di attuare un modello di conduzione della società da parte di amministratori quanto più possibile autonomi e indipendenti dai soci, e con le minori interferenze da parte di questi ultimi. Anche se nell’importare tale modello in Italia, si è mancato di riproporre quella finalizzazione alla cogestione propria del modello originario e che ne costituiva la sua caratteristica peculiare e rilevante rispetto all’impianto tradizionale.
Il consiglio di gestione amministra la società, ne compie le relative operazioni e se ne assume la conseguente responsabilità. Per un articolato sistema di rinvii il consiglio di gestione ricalca le funzioni, i doveri e i poteri degli amministratori del modello ordinario, nonché le relative responsabilità (art. 2409 undecies).
Il consiglio di sorveglianza, in linea generale, vigila sull’attività del consiglio di gestione. In virtù di un articolato sistema di rinvii, esso ricalca le funzioni, i doveri e i poteri dei sindaci del modello ordinario, nonché le relative responsabilità (art. 2409 quaterdecies). Questo consiglio si caratterizza inoltre per il fatto di assommare in sé anche le principali competenze dell’assemblea ordinaria: tra queste la nomina, sostituzione e revoca degli amministratori; l’approvazione del bilancio; la promozione dell’azione di responsabilità o della denunzia al tribunale(art. 2409 terdecies). Da ciò si evidenzia che il potere di tale organo non si limita al controllo della sola legittimità delle scelte effettuate dai consiglieri di gestione, ma, alla luce della facoltà di disapprovazione consentita dalla legge, che può estrinsecarsi anche nella loro revoca o sostituzione, in concreto ne può investire in qualche misura anche l’opportunità, il merito.
Il “sistema monistico”.
Nel sistema monistico la conduzione della società viene affidata, in base ad un’apposita scelta statutaria, ad un consiglio di amministrazione, il quale a sua volta costituisce al proprio interno un comitato per il controllo sulla gestione: pertanto, a differenza del sistema dualistico, anzi in maniera ad esso speculare, i soggetti da controllare nominano coloro che li controlleranno. D’altronde questo modello deriva dalla tradizione anglosassone, che ama prospettare una distinzione, sicuramente più formale che effettiva (art. 2409 quinquiesdecies), tra amministratori esecutivi e indipendenti.
E’ proprio su tale sistema che si sono concentrate le critiche di chi paventa che l’approssimazione delle soluzioni fornite dal legislatore, compiute essenzialmente mediante rinvii e richiami, finiscano per mortificare l’utilizzazione concreta di questo agile strumento. Sorprende il fatto che, come nel sistema dualistico, la novità dei modelli appena introdotti risulti in qualche modo appiattita per il pedissequo e continuo rimando a compiti e doveri degli organi tradizionali. In particolare appare innegabile il fatto che, se formalmente il collegio sindacale non compaia in tali modelli, in buona sostanza esso rivesta la forma del consiglio di sorveglianza (nel sistema dualistico) e del comitato per il controllo interno della gestione (nel sistema monistico). Il che conferisce a chi osserva tali innovazioni, al di là dei rinnovamenti terminologici, più che la consapevolezza di due nuovi autonomi sistemi di gestione e controllo, la sensazione di due semplici varianti del complesso tradizionale.
In virtù di un intreccio di rinvii il consiglio di amministrazione ricalca completamente le funzioni, i doveri e i poteri degli amministratori del modello ordinario, e ad esso si applicano tutte le norme previste per il predetto consiglio di amministrazione ordinario (art. 2409 noviesdecies).
Sempre mediante numerosi richiami normativi, il comitato per il controllo sulla gestione svolge le funzioni e i compiti essenziali propri del collegio sindacale del sistema ordinario.